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La fine
del "Sistema infinito":
il sistema carcerario

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La Costituzione della Repubblica Italiana, all’Articolo 27, sancisce che: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

 

Purtroppo, nonostante la Costituzione indichi chiaramente la necessità di recuperare e reinserire nella società il detenuto, oggi sembra prevalere quel “Sistema Infinito” per cui un detenuto, anche a causa delle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari, è naturalmente portato alla “recidiva” e quindi di nuovo al carcere, in un circuito difficile da interrompere.

Partendo da queste considerazioni Spazio Aperto ha sviluppato un’analisi di contesto, e successivamente ha ideato un modello, con lo specifico obiettivo di migliorare l’attuale situazione della gestione del sistema carcerario italiano.

 

Il modello si fonda sulla consapevolezza oggettiva che le risorse pubbliche (economiche, strutturali e umane) troppo spesso non sono sufficienti per contrastare tre – tra tante – problematiche principali:

  • Il sovraffollamento carcerario: purtroppo pari al 119% in ragione dei posti realmente disponibili nelle strutture detentive italiane;

  • Le condizioni di vita precarie: causate innanzitutto dall’invecchiamento delle attuali strutture, tenuto conto che oltre il 50% delle carceri è stato realizzato secondo criteri in uso prima del 1980;

  • La difficoltà a strutturare percorsi di reinserimento e rieducazione: dovuta in particolare alla complessità dei processi che coinvolgono troppi e diversi interlocutori.

 

Spazio Aperto, dopo aver analizzato le tante esperienze positive oggi esistenti nel panorama nazionale, ritiene che solo la collaborazione Stato – privato possa effettivamente riuscire a:

  • Spezzare il “Sistema Infinito” della recidiva attraverso il lavoro, quale strumento di reinserimento e valorizzazione delle abilità dell’individuo;

  • Garantire un “patto sociale” tra chi “ha sbagliato” e il cittadino/contribuente e contemporaneamente tra sistema produttivo e ordinamento della giustizia.

 

Da questo assunto nasce la proposta di Spazio Aperto che prevede un nuovo modello di governo e gestione del sistema carcerario, mediante opportune modifiche normative, nonché un’attenta verifica della sostenibilità economica, attraverso il coinvolgimento di tre attori:

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1 – L’Imprenditore Sociale individuato nel binomio Imprenditore–Fondazione di origine bancaria, ossia colui che realizza la nuova:

  • Struttura Detentiva;

  • Struttura Industriale.

L’ipotesi prevede che entrambe le strutture siano situate all’interno del perimetro carcerario e siano soggette a benefici fiscali e incentivi economici (sia nella fase di realizzazione, che nella fase di produzione industriale); ma soprattutto siano realizzate attuando i parametri e i criteri definiti dalla Commissione sull’Architettura Carceraria, il cui obiettivo è migliorare gli standard di sicurezza per gli operatori e restituire maggiore dignità ai detenuti.

 

2 – Il Detenuto che partecipa all’attività produttiva all’interno del perimetro carcerario a fronte di contributi previdenziali e di un corrispettivo mensile equiparato al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro del settore industriale di riferimento, ma così suddiviso:

  • Quota di Mantenimento pari ad 1/5 del totale: da destinarsi all’abbattimento delle spese di mantenimento del detenuto stesso;

  • Quota Riparativa pari ad 1/5 del totale: da destinarsi alle vittime del reato (commesso dal detenuto) al fine di “rimediare” alle conseguenze lesive della condotta tenuta dal detenuto, nonché a copertura delle obbligazioni civili, pene pecuniarie e spese di giustizia verso lo Stato;

  • Quota Familiare pari ad 1/5 del totale: da destinarsi al nucleo familiare o ai congiunti più prossimi del detenuto, al fine di contribuire al loro sostentamento. Da destinarsi al detenuto in caso non disponga di congiunti;

  • Quota di Accantonamento pari ad 1/5 del totale: da accantonare quale risparmio gestito, che verrà riconosciuto al detenuto al termine della pena per il futuro reinserimento. Tali accantonamenti saranno gestiti dalla Fondazione di Origine Bancaria nelle more del termine della pena e consegnate al detenuto al termine della stessa;

  • Quota Personale pari ad 1/5 del totale: da destinarsi per le spese personali correnti del detenuto all’interno della Struttura.

 

3 – Lo Stato che beneficerà dell’effetto positivo sui saldi di finanza pubblica derivanti dell’assenza di costi di realizzazione e gestione della struttura (a carico dell’Imprenditore Sociale).

Il conseguente risparmio potrà essere investito nella valorizzazione del personale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il quale sarà chiamato a garantire:

  • l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale;

  • l’ordine pubblico e la tutela della sicurezza all'interno delle Strutture;

  • la partecipazione alle attività di osservazione e trattamento dei detenuti;

  • la vigilanza del rispetto delle condizioni di lavoro da parte dell’Imprenditore Sociale,

  • nonché la vigilanza – di concerto con il Corpo della Guardia di Finanza – sugli aspetti gestionali inerenti all’intera Struttura trasferiti in capo all’Imprenditore Sociale.

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Tale modello in particolare troverebbe una “immediata” applicazione qualora fosse adottato nello specifico caso dei “detenuti a fine pena” per i quali la normativa attualmente vigente prevede già la possibilità di domiciliazione presso strutture esterne al carcere.

In questo caso, come descritto nel documento completo, oltre 16.000 detenuti potrebbero essere coinvolti, con una considerevole diminuzione della “pressione” sulle carceri, tenuto conto che tale valore supera nettamente quello del sovraffollamento.

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Se vuoi saperne di più scarica la proposta estesa (.pdf).

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